KHASHAYAR JAVANMARDI | The Caspian
Khashayar Javanmardi
The Caspian
Oltre la catena montuosa degli Alborz, oltre le ventose creste
settentrionali, c’è una terra verdeggiante, un luogo dove tra fitte
foreste e pianure sconfinate si sentono ancora sussurrare le
antiche storie di fate e di geni. Da quando ho memoria, questa
regione incantevole ha attirato nel suo abbraccio viaggiatori e
amanti della natura. Da bambino, mi affascinava il pensiero delle
estati trascorse lì e, durante i lunghi mesi di scuola, la mia mente
vagava sognando quelle giornate di sole e quelle acque fresche e
limpide in cui nuotare. Il mio primo viaggio in solitaria, il mio
primo amore: entrambi si sono svolti lungo le rive di questo mare.
Khashayar Javanmardi
The Caspian è un’indagine fotografica sul più grande lago – o mare interno – del mondo, il Caspio, posto al confine tra Asia ed Europa, nei territori di Iran, Azerbaigian, Russia, Kazakistan
e Turkmenistan. Khashayar Javanmardi ha iniziato a fotografare sulle rive meridionali del Caspio, in Iran, non per semplice curiosità, ma perché è cresciuto lì e ha a cuore la regione.
Anno dopo anno ha visto il lago, un tempo ricco di risorse, cadere vittima di sfruttamento incontrollato, pesca eccessiva, cambiamenti climatici e inquinamento: gli Stati che si affacciano sulle sue coste sversano circa 122.000 tonnellate all’anno di sostanze inquinanti, compresi liquami e petrolio.
Le foto di Javanmardi sulle coste iraniane – prima parte di un progetto, ancora in corso, di mappatura della regione – rendono visibili la crisi ambientale, l’impoverimento delle popolazioni locali e gli sforzi che la natura compie per sopravvivere. L’approccio documentaristico di Javanmardi è al tempo stesso lirico e pieno di urgenza: un’armonia audace tra la poesia visiva della vita costiera e la cruda testimonianza del disastro ambientale in corso, segnato da prosciugamento delle acque, morie di fenicotteri e reti da pesca vuote.
“Se solo potessi parlare con chi sversa petrolio e veleni” scrive Javanmardi. “Se solo potessi urlare a tutti ‘Cambiate il nome del Caspio!’. Non è un mare, anche se lo chiamano così. Non lo
fanno per rispetto o per amore, ma per prendere le distanze dal male che gli infliggono. Non si può distruggere così un lago senza vergogna. Questa distesa d’acqua, questo grande mare
interno non ha sbocchi, non ha vie di fuga dai veleni che gettiamo. La sua vita è legata alla nostra: se lui appassisce, noi appassiamo. Se lui si ammala, noi ci ammaliamo. Non c’è separazione tra il suo destino e il nostro, se non forse nell’amore e nella compassione che lui sembra ancora possedere e che noi, con tutta la nostra arroganza, a quanto pare abbiamo
smarrito.”
Khashayar Javanmardi (1991) è un artista iraniano dissidente, che usa la fotografia per esplorare gli intrecci fra natura, cultura e identità. Crescere lungo le coste dell’Iran ha profondamente influenzato la sua visione artistica. Le sue riflessioni sulla terra d’origine rivelano le contraddizioni insite nella comunicazione di temi culturali e politici globali, delineando una narrazione personale fatta di devastazione e nostalgia. Vive a Losanna, in Svizzera, dove opera come fotografo per Plateforme 10 ed è membro di Near, Associazione svizzera per la fotografia
contemporanea. Le sue opere sono state pubblicate in tutto il mondo. Tra i riconoscimenti ricevuti, la menzione speciale della giuria al prestigioso Prix Elysée 2023, lo Un/Fund Award 2023 e il Prix Photoforum 2024.
Ingresso a pagamento
Spazio Faberi - Via Faberi n.9
Orari
12 settembre ore 18/24
13 settembre ore 9/24
14 settembre ore 9/20
20-21 settembre, 27-28 settembre ore 10-20
INGRESSO MOSTRE
12 € / 5 € residenti di Savignano / gratuito under 14
The Caspian
Oltre la catena montuosa degli Alborz, oltre le ventose creste
settentrionali, c’è una terra verdeggiante, un luogo dove tra fitte
foreste e pianure sconfinate si sentono ancora sussurrare le
antiche storie di fate e di geni. Da quando ho memoria, questa
regione incantevole ha attirato nel suo abbraccio viaggiatori e
amanti della natura. Da bambino, mi affascinava il pensiero delle
estati trascorse lì e, durante i lunghi mesi di scuola, la mia mente
vagava sognando quelle giornate di sole e quelle acque fresche e
limpide in cui nuotare. Il mio primo viaggio in solitaria, il mio
primo amore: entrambi si sono svolti lungo le rive di questo mare.
Khashayar Javanmardi
The Caspian è un’indagine fotografica sul più grande lago – o mare interno – del mondo, il Caspio, posto al confine tra Asia ed Europa, nei territori di Iran, Azerbaigian, Russia, Kazakistan
e Turkmenistan. Khashayar Javanmardi ha iniziato a fotografare sulle rive meridionali del Caspio, in Iran, non per semplice curiosità, ma perché è cresciuto lì e ha a cuore la regione.
Anno dopo anno ha visto il lago, un tempo ricco di risorse, cadere vittima di sfruttamento incontrollato, pesca eccessiva, cambiamenti climatici e inquinamento: gli Stati che si affacciano sulle sue coste sversano circa 122.000 tonnellate all’anno di sostanze inquinanti, compresi liquami e petrolio.
Le foto di Javanmardi sulle coste iraniane – prima parte di un progetto, ancora in corso, di mappatura della regione – rendono visibili la crisi ambientale, l’impoverimento delle popolazioni locali e gli sforzi che la natura compie per sopravvivere. L’approccio documentaristico di Javanmardi è al tempo stesso lirico e pieno di urgenza: un’armonia audace tra la poesia visiva della vita costiera e la cruda testimonianza del disastro ambientale in corso, segnato da prosciugamento delle acque, morie di fenicotteri e reti da pesca vuote.
“Se solo potessi parlare con chi sversa petrolio e veleni” scrive Javanmardi. “Se solo potessi urlare a tutti ‘Cambiate il nome del Caspio!’. Non è un mare, anche se lo chiamano così. Non lo
fanno per rispetto o per amore, ma per prendere le distanze dal male che gli infliggono. Non si può distruggere così un lago senza vergogna. Questa distesa d’acqua, questo grande mare
interno non ha sbocchi, non ha vie di fuga dai veleni che gettiamo. La sua vita è legata alla nostra: se lui appassisce, noi appassiamo. Se lui si ammala, noi ci ammaliamo. Non c’è separazione tra il suo destino e il nostro, se non forse nell’amore e nella compassione che lui sembra ancora possedere e che noi, con tutta la nostra arroganza, a quanto pare abbiamo
smarrito.”
Khashayar Javanmardi (1991) è un artista iraniano dissidente, che usa la fotografia per esplorare gli intrecci fra natura, cultura e identità. Crescere lungo le coste dell’Iran ha profondamente influenzato la sua visione artistica. Le sue riflessioni sulla terra d’origine rivelano le contraddizioni insite nella comunicazione di temi culturali e politici globali, delineando una narrazione personale fatta di devastazione e nostalgia. Vive a Losanna, in Svizzera, dove opera come fotografo per Plateforme 10 ed è membro di Near, Associazione svizzera per la fotografia
contemporanea. Le sue opere sono state pubblicate in tutto il mondo. Tra i riconoscimenti ricevuti, la menzione speciale della giuria al prestigioso Prix Elysée 2023, lo Un/Fund Award 2023 e il Prix Photoforum 2024.
Ingresso a pagamento
Spazio Faberi - Via Faberi n.9
Orari
12 settembre ore 18/24
13 settembre ore 9/24
14 settembre ore 9/20
20-21 settembre, 27-28 settembre ore 10-20
INGRESSO MOSTRE
12 € / 5 € residenti di Savignano / gratuito under 14